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LA CULTURA DEL LEGNO E NOBILE ARTE DEL MAGISTER LIGNAMINIS
I meriti dell’artista dovrebbero prescindere dal materiale con cui egli si esprime. Il Vasari sembra invece voler relegare le opere lignee nell’ambito di un’arte minore non riconoscendo la stessa dignità di artisti a coloro che trattano questo elemento rispetto a quelli che lavorano materiali più nobili.
L’arte dell’intaglio dei mastri lignari era molto diffusa nei secoli passati, come ancor oggi testimonia la persistenza di innumerevoli manufatti antichi. L’attività dei maestri è raramente identificabile in vere e proprie scuole, come accade per la pittura. Negli antichi documenti chi lavora manufatti d’arte in legno viene variamente definito come magister lignaminis, faberlignarius, carpentarius, ma anche statuarius, scultore di statue lignee, intagliatore, intarsiatore, ebanista, tutti termini che vanno interpretati non in maniera assoluta, senza una vera separazione tra falegname e scultore, tra artigiano ed artista.
Quello che sembra differenziare le diverse categorie è piuttosto la formazione, tanto che l’intagliatore sconfina nello scultore ed il legnaiuolo nell’architetto. Nell’Introduzione alle Vite, distingue proprio un doppio ruolo, separando il modo di “come si conducono le figure in legno” dalla maniera in cui si lavora ”del mosaico di legname, cioè delle tarsie; e delle istorie che si fanno di legni tinti e commessi a guisa di pitture”. Tale classificazione trova anche conferma dalle biografie degli artisti: da un lato modelli architettonici per i legnaiuoli quali Bartolomeo aiuto di Brunelleschi, il Cecca, Antonio da Sangallo, dall’altro cornici, cibori, cori, mobili, altari, mostre di organi, soffitti, plutei per gli intagliatori come Marco, Domenico e Giuliano del Tasso, Carota, Baccio d’Agnolo e Giuliano di Baccio e altri.